giovedì 20 marzo 2014

LIBERI DI SOGNARE, COME MENNEA

Già un anno, da quella notizia improvvisa e devastante, da quel colpo secco ed inaspettato. Pietro ce l’aveva messa tutta per vincere anche la gara più severa, soffrendo in silenzio e portando avanti con ostinazione la sua personale battaglia contro un avversario spietato, il peggiore dei nemici in una vita carica di successi e strappata con volontà ed impegno alle difficoltà di “uomo del Sud”. Poi, in quel maledetto 21 marzo, l’uscita silenziosa, stridente con l’inizio di primavera e con l’immagine dell’urlo immortalato dopo la vittoria dell’oro olimpico di Mosca, esplosione di gioia per un sogno finalmente reale. In un anno sono successe tante cose, eventi e commemorazioni in ogni angolo d’Italia, un messaggio di ritorno senza eguali ad una vita da “Campione”, oltre i 200 metri di una pista, proseguita con risultati eccellenti anche dopo, sui banchi delle università e nelle aule dei tribunali.



Mennea continua a vivere nei ricordi di chi rimane, degli sportivi e di tutte quelle persone con cui ha voluto condividere un’amicizia, un consiglio o semplicemente una battuta, perché quell’atleta sfuggente ed apparentemente insofferente, nascondeva in realtà una persona piena di umanità, spassosa e disponibile soprattutto verso quei giovani desiderosi di conoscere le sue imprese ed i suoi insegnamenti.


Come Chiara Sagnimeni, 17 anni e buone qualità da velocista, cresciuta nelle file della Polisportiva Roma 6 Villa Gordiani. Troppo giovane per assistere alle imprese in pista della Freccia del Sud, eppure ammiratrice di quel campione che aveva imparato a conoscere attraverso i suoi libri. 


Con Mennea un giorno riuscì finalmente ad incontrarsi, durante un allenamento sulla pista di Caracalla. L’inizio di una bella amicizia, intelaiata sui consigli per correre veloce e per seguire i propri sogni nello sport e, soprattutto, nella vita. Chiara oggi è a caccia dei suoi sogni, con determinazione, e senza perdere di vista ciò che la figura di Pietro le ha insegnato. 


Libera di sognare, con la nostalgia di quell’amico speciale e la consapevolezza di aver conosciuto un grande uomo. Come lei stessa scrive, in un ricordo personale che riportiamo qui di seguito, Pietro Mennea continua a vivere nei giovani liberi di poter provare a realizzare i propri obiettivi, con impegno e determinazione. La tua volata quaggiù è proprio servita, Ciao Pietro!


<<Fa caldo, tanto che viene voglia di farsi un bagno. All’ombra degli alberi dove continuo a fare avanti e indietro, sembra si trovi un po’ di sollievo. Ma adesso non è il caldo ad interessarmi, continuo a guardare l’entrata del cancello dello stadio, lo scenario è sempre uguale, la strada e le macchine di fuori. 


Mio fratello e papà stanno seduti su due sassi, e sembrano quasi aver perso la fiducia che da quel cancello possa entrare qualcuno. Io invece, mentre continuo a camminare avanti e indietro, mi immagino come posso raccontare i minuti passati, per il resto so dentro di me di non aver torto. E così è: ecco che dal cancello dello stadio, entra Pietro, che, con naturalezza come sempre, si dirige verso di noi salutandoci, per poi andare insieme in pista per l’allenamento. Anche se questa non è la prima volta che lo vedo, c’è sempre una grande emozione. 


Prima di conoscere Pietro di persona, i suoi libri mi hanno descritto il campione  che era. La cosa che più mi ha fatto avvicinare a lui e alla sua storia è stato il riconoscerlo come una persona umile, semplice, che vinceva senza dare spettacolo, né prima, né dopo le gare. Poi ho conosciuto il campione, e da lì ho capito che si poteva essere anche l’uomo più forte del mondo rimanendo, umilmente, sé  stessi. 


Sì, perché Pietro non era nato già detentore del record del mondo o con la medaglia d’oro olimpica al collo. Queste cose, come il resto dei successi che aveva raggiunto sia nello sport che nella vita, li ha ottenuti da solo. Pietro non era  predestinato, o almeno così dicevano in molti ai suoi esordi. Ha provato a raggiungere un obiettivo, non sapendo se sarebbe riuscito a conquistarlo. Fortunatamente, Pietro non ha mai dato troppo peso ai  giudizi altrui, altrimenti la sua carriera non sarebbe potuta esistere. 


E così è partito per un’avventura che poi sarebbe divenuta l’orgoglio italiano, capace di far prevalere la sua voglia di riscatto e di rivalsa che in molti hanno cercato di narrare. Io dico che il più grande insegnamento che Pietro mi ha trasmesso, è stato il fatto di dimostrare che non conta in quale città sei nato, non conta se all’apparenza non sembri in grado di fare nulla, l’importante è provare sempre a cambiare la propria situazione, senza aver paura della fatica, di provare a riuscire in qualcosa, perché sarebbe troppo facile rimanere fermi e non riuscirci. Pietro mi ha insegnato anche che non esistono limiti, il fatto che fosse riuscito nella vita così come nello sport ce lo dimostra. 


In pochi conoscono il suo successo anche nel campo degli studi, nei quali è riuscito a prendere 4 lauree e a divenire eurodeputato e a fare tantissime altre cose. Come diceva lui, lo sport non annulla lo studio e viceversa, le due cose si uniscono invece, formando un binomio vincente. Lo studio ci dà la possibilità di amministrare la vita secondo il nostro volere e non per mani d’altri,  ci dona la cosa più bella a cui un’ uomo possa aspirare: la libertà. 


Quella stessa libertà che Pietro metteva in cima ai  suoi pensieri, che raccontava nei suoi libri: quella libertà che io ho imparato a fare mia, “Quell’idea di esprimerci basandoci sulla liberta dei nostri pensieri, sempre però nel rispetto degli altri e della libertà stessa”. Pietro, quando mi consigliava, mi diceva di scegliere e di agire ascoltando le mie sensazioni. Tutto questo perché, nella vita come nello sport, “si può essere anche i più forti al mondo ma se non si può decidere come esserlo non lo si è mai”. E questo Pietro ha saputo farlo, perchè seppure piena di ostacoli la sua vita è stata senz’altro libera. 


Libera dal successo che non lo intrappolò, altrimenti non avrebbe potuto parlare a noi giovani,  una delle cose a cui teneva di più, consapevole che saremmo divenuti la società di domani. Inoltre non mi avrebbe potuto accogliere con tanta disponibilità, quando mi consigliava in modo semplice, oppure quando mi dava il suo ultimo libro nei momenti in cui lo andavo a trovare. Questo è stato Pietro per me, una figura che in poche parole è difficile far comprendere, ma che porto dentro sempre, poiché non deve nascere mai il bisogno di esibire il ricordo, perché la più grande manifestazione siamo noi, soprattutto noi giovani, liberi di sognare segnando un futuro>>.



Chiara Sagnimeni










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