sabato 8 marzo 2014

UNO SPETTACOLO, NONOSTANTE TUTTO

Mettetela come volete, poco azzurro e tanti campioni assenti, eppure il fascino di un Mondiale finisce sempre per farsi sentire. Tutto merito di chi scende in pista, gli atleti, provenienti da ogni angolo di un pianeta che in questo sport sembra essere ancora più grande. Oggi un velocista dell’Oman può accedere in semifinale, così come un mezzofondista può vincere l’oro con la maglia del Gibuti. 
Sono loro gli artefici dello spettacolo, gli atleti, che siano campioni osannati a caccia dell’ennesimo successo, o nomi nuovi arrivati al grande evento.

Così le emozioni non tardano ad arrivare, per accendere con le scintille della competizione il bel palazzetto di Sopot, dintorni di Danzica, in Polonia, palcoscenico di un’edizione dei Mondiali Indoor che rischiava di passare quasi in secondo piano. Pesavano le parecchie defezioni della vigilia, su tutte quelle del giamaicano Usain Bolt, anche quest’anno lontano dalla stagione indoor nonostante l’assenza di grandi appuntamenti nella stagione estiva, e di Renaud Lavillenie neo-primatista di salto con l’asta, fermo ai box per un infortunio al piede. Si aggiungevano poi le assenze in chiave azzurra, con Trost e Greco inchiodati da infortuni, e tanti altri a preferire la stagione all’aperto, quella degli Europei.
Ma l’atletica è sport vivo, e forse questi Mondiali Indoor hanno dimostrato, qualora ce ne fosse stato bisogno, che anche senza il Bolt di turno il divertimento non manca.

Per l’Italia a dire il vero finora c’è stato poco da sorridere, con le cose più belle arrivate dalle finali conquistate da Margherita Magnani, perfetta tatticamente sui 3000 metri, e Marco Fassinotti, fortunato nell’alto. Poi c’è il record italiano della 4x400, con Spacca-Bonfanti-Milani-Bazzoni fuori dalla finale in 3:31.99, e quindi la doppia impresa di Marzia Caravelli sui 60 ostacoli, con il doppio personale di 7.97 sia in batteria che in semifinale, scusate se è poco per un’atleta che sembrava non dovesse neanche esserci. Discreta la presenza di Fabio Cerutti sui 60, bene in batteria e male in semifinale. Ha provato a difendersi sui 60 ostacoli Giulia Pennella, distante dal super crono di Ancona, disastrosa invece la prova dell’argento europeo dei 60 ostacoli Paolo Dal Molin, a rincorrere una qualificazione sfumata già dopo la prima barriera. 
Niente di speciale neanche per Chiara Rosa, sia pur alle prese con una gara tutt’altro che semplice, dominata ancora una volta da Valerie Adams. 

Ecco, la neozelandese era uno dei pezzi da novanta di questi campionati e non ha fallito l’appuntamento con la medaglia d’oro. La sua superiorità rispetto alle altre si è materializzata con cinque lanci oltre i 20 metri, di cui il migliore a 20.67, per riprendere l’abitudine a guardare tutti dal gradino più alto del podio. Dopo un intervento chirurgico e qualche mese di riabilitazione alle spalle, la Adams ha dimostrato di essere davvero una montagna, nel morale e nel fisico, degna rappresentante dello spirito Maori. Tra i giganti di Sopot ha trovato il suo momento d’oro anche lo statunitense Ryan Whiting, unico tra i colossi del peso a superare i 22 metri (22.05), impresa necessaria per avere la meglio sul panzer David Storl. Un altro americano che ha dominato la scena è stato Ashton Eaton, dominatore dell’Eptathlon, capace di un percorso in linea con il suo stesso primato mondiale. Ma nell’ultima gara, i 1000 metri, il campione mondiale ha lasciato qualcosa per strada, facendo sfumare un record che sembrava già in tasca.

Scontato doveva essere il bis iridato dell’australiana Sally Pearson sui 60 ostacoli, se non ci fosse stato l’errore in finale sull’ultima barriera a mandare tutto a monte, a vantaggio della statunitense Nia Ali. Del tutto a sorpresa è poi arrivato il successo del semisconosciuto britannico Richard Kilty sui 60 metri, uno degli atleti più in condizione dell’intera rassegna. Dopo i miglioramenti in qualificazione, Kilty ha volato in finale con il personale di 6.49, riuscendo a precedere il favorito Marvin Bracy, con Chambers e Carter risucchiati nelle retrovie. 

Esaltante anche il successo del ceco Pavel Maslak sui 400 metri, con caraibici ed americani surclassati di fronte a questo 23enne capace di abbassare in un sol colpo 4 decimi al proprio personale, con un 45.24 che significa anche primato nazionale. Tra le donne Francena McCorory non sbaglia nulla e si impone in 51.12, confermandosi tra i prospetti più interessanti sui 400 femminili.

Da seguire in vista della stagione all’aperto c’è il gibutiano Souleiman, vincitore con buona personalità sui 1500 metri, distanza sulla quale ha tiranneggiato al femminile l’etiope di maglia svedese Abeba Aregawi.
Sulla pedana del lungo un bel salto da 8.28 regala l’oro al brasiliano Mauro Vinicius Da Silva, mentre nel triplo femminile la sfida sportiva Russia-Ucraina è stata decisa per un solo centimetro a vantaggio della russa Ekaterina Koneva, con 14.46, sul bronzo olimpico Olga Saladukha.  

Nell’asta il tedesco Malte Mohr colleziona un’altra sconfitta, stavolta a vantaggio del greco Kostas Filippidis con un errore in meno a 5.80, bravo a sfruttare il vuoto lasciato dal francese Renaud Lavillenie, presente, ma solo in tribuna.


Infine l’alto donne, dove mancava la nostra Alessia Trost. Chissà cosa avrebbe fatto la friulana contro la sua rivale di sempre, la russa Maria Kuchina, peraltro più volte battuta, protagonista da oro di una gara che l’ha vista volare oltre i 2 metri, al pari della polacca Licwinko e dell’eterna spagnola Ruth Beitia, nell'oridne sugli altri due gradini del podio. Un po’ di rammarico c’è ed è giustificato, di azzurro se ne vede già poco ed Alessia è una delle promesse più valenti della nostra atletica. Zurigo non è poi così lontana, vale la pena aspettare allora, e prepararsi al meglio per la rassegna continentale.  

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