Parte bene la Diamond League, forse meglio di quanto mai
abbia fatto nella sua breve storia. A Doha si è visto uno spettacolo esaltante,
in uno stadio che per la prima volta è risultato quasi del tutto gremito, con
sceicchi seduti al fianco dei grandi dirigenti dell’atletica mondiale. Dettagli?
Niente affatto, se si considera l’impegno, anche economico, con cui stanno
crescendo atleticamente alcune nazioni del mondo. Come il Qatar appunto,
protagonista nella gara più qualitativa dell’intera serata, il salto in alto
maschile. Lì saltava Mutaz Essa Barshim, pupillo di casa e artefice di quello
scontro tra titani che ha visto alcuni tra i migliori al mondo, airone Bondarenko
escluso, librarsi a quote proibitorie per i normali esseri umani. Il boato del
pubblico si fa sentire quando Barshim vola oltre i 2.37, come i nordamericani Derek
Drouin, canadese, e Erik Kynard, statunitense, in tre capaci di duellare lì
dove l’aria comincia a farsi rarefatta. I 2.39 sembravano la misura decisiva
per la vittoria, fino a quando entra in scena Ivan “il Terribile” Ukhov. Il
russo, sornione fino a quel momento, spariglia la situazione, chiedendo la
misura di 2.41. Primo tentativo, rincorsa, salto reattivo, l’asticella rimane
su, è il salto che vale il successo, che lo porta ad eguagliare il record russo
di Igor Paklin, e che lo colloca sul trono mondiale della specialità. Il trio
alle sue spalle rimane a 2.37, scusate se è poco, mentre l’unico azzurro nel
meeting, Marco Fassinotti, è sesto con 2.24.
Una sorpresa a Doha? Di certo quella venuta fuori dai 3000
femminili, che hanno fatto registrare l’inaspettato naufragio di Genzebe
Dibaba. La primatista mondiale al coperto, in testa dall’inizio, aveva impostato
un ritmo di 68 secondi a giro, con l’obiettivo di sfinire le avversarie. Una
strategia che alla fine non ha pagato, perché a 300 metri dall’arrivo, la
Dibaba si è incredibilmente imballata, finendo distante e solo spettatrice, in sesta
posizione, della vittoria keniana di Hellen Obiri, lei sì strepitosa con il
record africano all'aperto portato a 8:20.68, davanti alle connazionali Mercy Cherono, Kipyegon e
Kibiwot. Errore di valutazione o condizione di forma non ancora al top per la
Dibaba? Probabilmente entrambe.
E invece il Kenya… I colori keniani hanno caratterizzato il
mezzofondo: sui 1500 metri, un reattivo Asbel Kiprop ha dominato la scena
chiudendo sotto i 3:30 (3:29.18) come il connazionale Silas Kiplagat, secondo
in 3:29.70. Tanto Kenya a tutta birra anche sui 3000 siepi con Ezekiel Kemboi a
trainare al traguardo un trenino di ben 8 connazionali, così come sugli 800 femminili
con il successo di Eunice Sum. A sventolare la bandiera dei rivali etiopi alla
fine è rimasto il solo Mohamed Aman sugli 800 metri, bravo ad anticipare in
volata il virgulto del Botswana, Nijel
Amos, argento olimpico a Londra alle spalle di Rudisha, rientrato alle gare dopo
un anno sabbatico.
Velocità controllata: Assente Bolt, lo sprint ha vissuto
delle volate tutt’altro che irresistibili dei connazionali Nickel Ashmeade (20.13)
sui 200, davanti a Warren Weir, secondo e parso ancora lontano dalla migliore
condizione, e di Shelly Ann Fraser-Pryce sui 100 (11.13), abile ad evitare il
rientro veemente della nigeriana Blessing Okagbare. Di maggiore spessore
tecnico è stato invece il successo di Lashawn Merritt sui 400 metri, con un
44.44 che tiene a debita distanza il saudita Masrahi (44.77) e il ceco Pavel
Maslak, che fa segnare addirittura il record nazionale con 44.79.
Ostacoli, altra sorpresa: Tra le barriere il 13.23 di David
Oliver sui 110 ostacoli è appesantito dal vento contrario e da una partenza non
proprio efficace, mentre sui 400 ostacoli femminili, la sorpresa è Kemi Adekoya,
classe 1993, nigeriana passata da quest’anno al Bahrein, prima con 54.59, primato
personale demolito e record nazionale, davanti ad atlete del calibro di Kaliese
Spencer e Lashinda Demus.
E i concorsi? Quasi del tutto ignorati dalla regia internazionale, a parte l’alto
maschile (ci mancherebbe!), non hanno riservato risultati eccelsi: il greco
Tsatoumas va di poco oltre gli 8 metri nel lungo, la colombiana Ibarguen non fa
meglio di 14.43 nel triplo. Parte bene la Adams nel peso con 20.20, come il
polacco Malachowski nel disco, vincitore indiscusso con 66.72. Nell’asta si
impone la greca Kyriakopoulou con 4.63, nel giavellotto la Ratej scaglia l’attrezzo
a 65.48.
La diretta: ha funzionato infine il primo esperimento su Fox
Sports 2 HD, canale del pacchetto SKY. La coppia Nicola Roggero e Stefano
Baldini è piaciuta, telecronaca sciolta e competente che ha accompagnato al
meglio la diretta di due ore in alta definizione. Tutta la Diamond League (ad
eccezione del Golden Gala) quest’anno la vedremo così.
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