Proprio una buona idea,
riuscita alla grande, calibrata al meglio sugli atleti, esaltando
quell’idea di sfida con l’avversario che alla fine rappresenta l’essenza dello
sport. I Mondiali di staffette al caldo tropicale delle Bahamas sono proprio
piaciuti, nonostante il tiepido entusiasmo della vigilia, la defezione di Bolt
e, in chiave esclusivamente italiana, la quasi totale assenza delle nostre
squadre.
Accattivante l’idea della passerella iniziale di
presentazione per ciascuna squadra, illuminata la scelta di inserire staffette
di mezzofondo al fianco delle più classiche prove sulla velocità. Lo spettacolo
ne ha beneficiato, merito non solo dei campioni, ma anche di quei comprimari,
spesso giovani e poco conosciuti, che hanno messo energie in pista per avvalorare
una manifestazione tutt’altro che banale.
Chi doveva andar forte l’ha fatto eccome, a parte qualche
eccezione, tanto che il bollettino conclusivo dell’evento parla di ben tre
record mondiali stabiliti. Tra questi il più prestigioso è di certo quello
sulla 4x200 maschile ad opera della Giamaica capitanata da Yohan Blake, non
tanto per la prestazione conclusiva, un ottimo 1:18.63, quanto per il fatto di
aver scalzato dall’albo dei primati niente meno che il quartetto del Santa
Monica Track Club di Carl Lewis, che deteneva il record dal 1994 con 1:18.68.
Il quartetto giamaicano rappresentato per l’occasione anche da Nickel Ashmeade,
Warren Weir e Jermaine Brown, in pratica ha mantenuto una media di 19.66 ogni
200 metri, risultato che, unito al facile successo in 4x100, conferma di fatto
i caraibici ai vertici dello “sprinterismo” mondiale. Merito dei giamaicani, ma
anche di una buona dose di autolesionismo statunitense, capace di inabissare
entrambe le staffette veloci maschili per i soliti, ricorrenti errori in zona
cambio.
Nel mezzofondo il ruolo da protagonista è stato interpretato
al meglio dal Kenya, con tre successi su quattro gare e due primati mondiali,
entrambi sull’inconsueta 4x1500. Al maschile il quartetto degli altipiani
composto da Cheboi, Kiplagat, Magut e Kiprop, ha sgretolato il precedente
primato chiudendo in 14:22.22, oltre 14 secondi in meno, con Asbel Kiprop
capace di un notevole 3:32 in solitaria. La squadra femminile ha invece stravinto
in 16:33.58, crono che abbassa di oltre 30 secondi il record stabilito in
questa stagione proprio dalle keniane. Alle spalle della super potenza Kenya, in
chiave mezzofondo non può essere ignorata la riuscita avventura della
spedizione statunitense, con un successo nella 4x800 femminile, due argenti ed
un bronzo, ennesimo segnale che da quelle parti si sta lavorando parecchio
bene.
Capitolo Italia: la 4x400 femminile, unico quartetto
presente a Nassau, ha fatto il suo, sesta con un buon 3:27.44 e, finalmente,
una Libania Grenot ispirata a correre tutta la sua frazione. La cubana, che in
qualificazione non aveva entusiasmato, in finale si è presentata con tutt’altro
piglio, correndo la sua parte in un parziale di 50.2. Peccato per l’assenza
delle altre squadre, da qualche parte, vedi la 4x1500 femminile, qualche
soddisfazione ulteriore sarebbe potuta arrivare.
A voler trovare il pelo nell’uovo, c’è da rivedere qualcosa
nell’incoraggiare la partecipazione all’evento, esemplare la presenza di sole
quattro squadre nella 4x1500 femminile. Probabilmente il problema si risolverà
spontaneamente già nella prossima edizione, visto il positivo riscontro mostrato
al debutto, ma qualche pensierino andrà fatto per incentivare lo spettacolo.
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