domenica 6 luglio 2014

LA VLASIC RITROVA I 2 METRI A PARIGI

Più di 100 gare oltre i 2 metri nel salto in alto, la carriera di Blanka Vlasic parla soprattutto con questo dato statistico, mastodontica impresa per una ragazza che vince nel mondo da quel titolo iridato junior conquistato nel 2000. Da lì è iniziata una carriera fatta da tanti onori e medaglie, imprese e tentativi di attacco al record mondiale, quel 2.09 finora indelebile, che la bulgara Stefka Kostadinova superò sotto il cielo mondiale di Roma. Un obiettivo che la Vlasic per tanto tempo ha sognato di raggiungere, così come l’oro olimpico, mai raccolto ma solo sfiorato a Pechino nel 2008. Poi le gioie dell’oro mondiale di Berlino e del titolo europeo a Barcellona, quindi una terribile spirale di infortuni e ritorni insensati, per colpa di tendini che non ne volevano proprio sapere di continuare a far volare la regina della specialità. Eppure la croata ci ha creduto, lavorando su una di quelle qualità che maschera dinanzi al pubblico, ma che costituisce la sua essenza di campionessa.

L’umiltà di ripartire da zero, di sopportare fastidi e dolori di un fisico non più impeccabile, ricostruire con pazienza quello che era riuscita a mettere insieme in tanti anni di allenamenti ed esperienze in giro per il mondo. Volontà, determinazione, talento, un condensato di requisiti indispensabili che hanno riportato Blanka a volare davvero, nello splendido teatro di Parigi rispondente al nome di “Stade de France”, nel prestigioso meeting del circuito che lei aveva  conosciuto e dominato con altro nome e formula, e che oggi dispensa diamanti. Alla fine la gemma più preziosa della serata l’ha regalata proprio la Vlasic, vincitrice nell’alto saltando oltre i 2 metri, la porta dell’eccellenza, il ritorno ad una dimensione che la regina non viveva più da tempo. Le lacrime ed i ringraziamenti al cielo sono l’immagine migliore per benedire una vittoria speciale, quella della rinascita, nel giorno che l’ha vista affiancata sulla stessa misura dalla giovane russa Maria Kuchina, il futuro della specialità.

Campioni che vanno e  che vengono sotto l’ombra della Torre Eiffel, davanti a oltre 40.000 spettatori, gran parte dei quali francesi accorsi ad incitare i propri atleti in gara contro i migliori al mondo. Come il fenomeno transalpino Bosse, alla partenza degli 800 metri addirittura indossando la tenuta calcistica della nazionale francese, per chiudere quarto nella gara vinta con autorevolezza dal keniano Asbel Kiprop con il mondiale stagionale di 1:43.34. La Francia sorride, non solo per la vittoria scontata di Renaud Lavillenie nell’asta, ma anche per il meno prevedibile personale nel lungo di Eloyse Lesueur, prima con un atterraggio a 6.92. A riscuotere una montagna di applausi c’è poi Sanya Richards-Ross, tornata ai fasti di un tempo, al limite dei 50 secondi (50.10) sul giro di pista, mentre sui 110 ostacoli zittisce tutti il giovane giamaicano Hansle Parchment, una furia tra le barriere per un 12.94 che frantuma il record nazionale e sbaraglia le ambizioni di successo del ragazzone di casa Pascal Martinot-Lagarde, comunque ottimo secondo con PB di 13.05. Al femminile la più veloce è invece Dawn Harper-Nelson, che sfreccia sui 100 ostacoli nel mondiale stagionale di 12.44, davanti alle connazionali Harrison e Jones, e con l’australiana Sally Pearson ancora irriconoscibile nelle retrovie.

Di spessore anche il 68.48 con cui la croata Sandra Perkovic si prende la vittoria ed il record del meeting sulla pedana del disco, un gran lancio come l’87.10 con cui l’armadio egiziano Ihab Abdelrahman si impone nel giavellotto. Prestazioni di rilievo arrivano poi dagli africani, con l’etiope Hiwot Ayalew devastante sui 3000 siepi, grazie ad un 9:11.65 irresistibile anche per l’ottima statunitense Emma Coburn, seconda con il personale abbassato a 9:14.12. Quindi sui 5000 maschili ci pensa Edwin Soi a riportare sotto i 13 minuti il mondiale stagionale, tagliando il traguardo in 12:59.82, in una gara che ha visto sei atleti sotto i 13:05.

La poca Italia presente vestiva i panni di Daniele Greco nel triplo: il ragazzo ha bisogno di tempo, tante le settimane di preparazione invernale perse per infortunio, molti i centimetri che ancora mancano per lottare sui livelli dei propri limiti personali. Così l’ottavo posto con 16.68 dice veramente poco, anche se sufficiente per finire alle spalle di un altro campione come Will Claye, bloccato ad un modesto 16.79.


Infine i 100 metri: la squalifica per falsa partenza del giamaicano Nickel Ashmeade e la sua conseguente plateale opposizione, per un momento riportano alla celebre protesta inscenata da John Drummond ai Mondiali del 2003 sulla stessa pista. La gara viene poi vinta dallo statunitense Micheal Rodgers, con il beniamino di casa Christophe Lemaitre solo ottavo con 10.28. L’unica delusione evidente in una serata di grande spettacolo per i nostri cugini. Da loro almeno per l’atletica abbiamo ancora tanto da imparare… o no? 

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