Mettetela come volete, poco azzurro e tanti campioni
assenti, eppure il fascino di un Mondiale finisce sempre per farsi sentire. Tutto
merito di chi scende in pista, gli atleti, provenienti da ogni angolo di un
pianeta che in questo sport sembra essere ancora più grande. Oggi un velocista
dell’Oman può accedere in semifinale, così come un mezzofondista può vincere
l’oro con la maglia del Gibuti.
Sono loro gli artefici dello spettacolo, gli
atleti, che siano campioni osannati a caccia dell’ennesimo successo, o nomi
nuovi arrivati al grande evento.
Così le emozioni non tardano ad arrivare, per accendere con
le scintille della competizione il bel palazzetto di Sopot, dintorni di Danzica,
in Polonia, palcoscenico di un’edizione dei Mondiali Indoor che rischiava di
passare quasi in secondo piano. Pesavano le parecchie defezioni della vigilia,
su tutte quelle del giamaicano Usain Bolt, anche quest’anno lontano dalla
stagione indoor nonostante l’assenza di grandi appuntamenti nella stagione
estiva, e di Renaud Lavillenie neo-primatista di salto con l’asta, fermo ai box
per un infortunio al piede. Si aggiungevano poi le assenze in chiave azzurra,
con Trost e Greco inchiodati da infortuni, e tanti altri a preferire la
stagione all’aperto, quella degli Europei.
Ma l’atletica è sport vivo, e forse questi Mondiali Indoor
hanno dimostrato, qualora ce ne fosse stato bisogno, che anche senza il Bolt di
turno il divertimento non manca.
Per l’Italia a dire il vero finora c’è stato poco da
sorridere, con le cose più belle arrivate dalle finali conquistate da
Margherita Magnani, perfetta tatticamente sui 3000 metri, e Marco Fassinotti,
fortunato nell’alto. Poi c’è il record italiano della 4x400, con Spacca-Bonfanti-Milani-Bazzoni
fuori dalla finale in 3:31.99, e quindi la doppia impresa di Marzia Caravelli
sui 60 ostacoli, con il doppio personale di 7.97 sia in batteria che in
semifinale, scusate se è poco per un’atleta che sembrava non dovesse neanche esserci.
Discreta la presenza di Fabio Cerutti sui 60, bene in batteria e male in
semifinale. Ha provato a difendersi sui 60 ostacoli Giulia Pennella, distante
dal super crono di Ancona, disastrosa invece la prova dell’argento europeo dei
60 ostacoli Paolo Dal Molin, a rincorrere una qualificazione sfumata già dopo
la prima barriera.
Niente di speciale neanche per Chiara Rosa, sia pur alle
prese con una gara tutt’altro che semplice, dominata ancora una volta da
Valerie Adams.
Ecco, la neozelandese era uno dei pezzi da novanta di questi
campionati e non ha fallito l’appuntamento con la medaglia d’oro. La sua superiorità
rispetto alle altre si è materializzata con cinque lanci oltre i 20 metri, di
cui il migliore a 20.67, per riprendere l’abitudine a guardare tutti dal gradino
più alto del podio. Dopo un intervento chirurgico e qualche mese di
riabilitazione alle spalle, la Adams ha dimostrato di essere davvero una
montagna, nel morale e nel fisico, degna rappresentante dello spirito Maori.
Tra i giganti di Sopot ha trovato il suo momento d’oro anche lo statunitense
Ryan Whiting, unico tra i colossi del peso a superare i 22 metri (22.05),
impresa necessaria per avere la meglio sul panzer David Storl. Un altro
americano che ha dominato la scena è stato Ashton Eaton, dominatore dell’Eptathlon,
capace di un percorso in linea con il suo stesso primato mondiale. Ma nell’ultima
gara, i 1000 metri, il campione mondiale ha lasciato qualcosa per strada,
facendo sfumare un record che sembrava già in tasca.
Scontato doveva essere il bis iridato dell’australiana Sally
Pearson sui 60 ostacoli, se non ci fosse stato l’errore in finale sull’ultima
barriera a mandare tutto a monte, a vantaggio della statunitense Nia Ali. Del
tutto a sorpresa è poi arrivato il successo del semisconosciuto britannico
Richard Kilty sui 60 metri, uno degli atleti più in condizione dell’intera
rassegna. Dopo i miglioramenti in qualificazione, Kilty ha volato in finale con
il personale di 6.49, riuscendo a precedere il favorito Marvin Bracy, con
Chambers e Carter risucchiati nelle retrovie.
Esaltante anche il successo del
ceco Pavel Maslak sui 400 metri, con caraibici ed americani surclassati di
fronte a questo 23enne capace di abbassare in un sol colpo 4 decimi al proprio
personale, con un 45.24 che significa anche primato nazionale. Tra le donne
Francena McCorory non sbaglia nulla e si impone in 51.12, confermandosi tra i
prospetti più interessanti sui 400 femminili.
Da seguire in vista della stagione all’aperto c’è il
gibutiano Souleiman, vincitore con buona personalità sui 1500 metri, distanza
sulla quale ha tiranneggiato al femminile l’etiope di maglia svedese Abeba
Aregawi.
Sulla pedana del lungo un bel salto da 8.28 regala l’oro al
brasiliano Mauro Vinicius Da Silva, mentre nel triplo femminile la sfida
sportiva Russia-Ucraina è stata decisa per un solo centimetro a vantaggio della
russa Ekaterina Koneva, con 14.46, sul bronzo olimpico Olga Saladukha.
Nell’asta il tedesco Malte Mohr colleziona un’altra
sconfitta, stavolta a vantaggio del greco Kostas Filippidis con un errore in
meno a 5.80, bravo a sfruttare il vuoto lasciato dal francese Renaud
Lavillenie, presente, ma solo in tribuna.
Infine l’alto donne, dove mancava la nostra Alessia Trost.
Chissà cosa avrebbe fatto la friulana contro la sua rivale di sempre, la russa Maria
Kuchina, peraltro più volte battuta, protagonista da oro di una gara che l’ha vista
volare oltre i 2 metri, al pari della polacca Licwinko e dell’eterna spagnola Ruth
Beitia, nell'oridne sugli altri due gradini del podio. Un po’ di rammarico c’è ed è giustificato, di azzurro se ne vede già
poco ed Alessia è una delle promesse più valenti della nostra atletica. Zurigo
non è poi così lontana, vale la pena aspettare allora, e prepararsi al meglio
per la rassegna continentale.
Nessun commento:
Posta un commento