Elegante, essenziale ed entusiasmante, le è bastato un turno
di qualificazione sui 1500 metri per farsi notare anche da quel telespettatore
capitato per caso sulla trasmissione dei Campionati Europei di Zurigo. Addetti
ai lavori ed appassionati la conoscevano da un pezzo, Federica Del Buono, talento
del mezzofondo di neanche 20 anni, cresciuta a pane ed atletica da papà Gianni
e mamma Rossella Gramola, i suoi allenatori e primi tifosi.
La sensazione è che presto la conosceranno tanti altri, a
cominciare magari già dalla finale di questa rassegna continentale, dove Federica
ha le carte per ritagliarsi un buon piazzamento. Acume tattico e corretto
dispendio di energie l’hanno portata in scia ad una numero uno come Sifan
Hassan, l’etiope di Olanda, una delle favorite per la medaglia d’oro, per un
terzo posto conclusivo che suggella un meritato ingresso in finale. Un altro obbiettivo
è raggiunto, a coronare una stagione di per sé già straordinaria e far
dimenticare la delusione della compagna Margherita Magnani, ostacolata e quasi caduta nella batteria precedente.
Straziante, sofferto e serio, quell’infortunio sulla pedana
del triplo che un paio di ore più tardi arriva come una frustata sull’atletica
italiana. Daniele Greco è a terra, si tocca un piede, dalla sua reazione si
capisce subito la gravità dell’accaduto. Come un anno fa a Mosca, Daniele si
ferma prima della gara, diversamente dallo scorso anno stavolta non è questione
muscolare, ma c’è la rottura del tendine d’Achille, lo spauracchio per ogni
atleta. Il saltatore pugliese paga nel peggior modo possibile la sua scelta di
rischiare, di partecipare all’Europeo nonostante gli acciacchi stagionali,
convinto di riuscire a tenere a bada i dolori e far prevalere le qualità antigravitazionali
che lo portarono al titolo europeo indoor. Niente di tutto ciò, Greco domani
sarà sotto i ferri a Pavia, per ricostruire il suo tendine, per rimettere in
ordine sogni ed energie, a caccia di una nuova rinascita, l’ennesima, per
tornare forte come e più di prima, forza Daniele!
In pedana intanto acciuffavano la qualificazione sia
Fabrizio Donato, sicuro e reattivo, che Fabrizio Schembri, entrambi vicini con
il cuore allo sfortunato compagno di squadra, che di certo cercheranno di ricordare al meglio in finale.
Libania Grenot era tra le atlete più attese di giornata,
forte del suo primato stagionale continentale sul giro di pista. La panterita
non si scompone e chiude seconda alle spalle di una rediviva Ohurougu. Sui 400
passa anche la brava Chiara Bazzoni, sempre pronta quando conta, mentre nelle
siepi fa notizia la finale centrata da un autorevole Yuri Floriani. Bene i
velocisti, da Delmas Obou a Fabio Cerutti tra gli uomini, Audrey Alloh e Irene
Siragusa al femminile, tutti oltre l’obiettivo minimo del passaggio del turno.
Centra la qualificazione anche Matteo Galvan sui 400, sia pur con qualche
rischio e senza convincere del tutto, stesso dicasi per Giordano Benedetti sugli
800, la brutta copia di sè. Si arrende in semifinale Marzia Caravelli, capace
di scendere sotto i 13 secondi in batteria (12.98) per poi uscire con 13.06. Tra
le barriere si qualifica anche Leonardo Capotosti, con 50.45 sui 400hs.
Escono al primo turno le astiste Malavisi e Bruni, al di
sotto delle proprie possibilità, così come Tania Vicenzino nel lungo, Hannes
Kirchler e Giovanni Faloci nel disco, i quattrocentisti Maria Enrica Spacca, Lorenzo
Valentini e Davide Re (quest'ultimo vicino al personale), Patrick Nasti sui 3000 siepi.
I primi ori di giornata vanno infine al panzerotto David Storl nel
peso, inavvicinabile con 21.41 sullo spagnolo Vivas ed il solito Majewski, e la
ultraquarantenne britannica Jo Pavey nei 10.000 (davanti alla coppia francese
Calvin e Traby), con il peggior crono
nella storia dei campionati, indizio eloquente sulla qualità del mezzofondo
prolungato a scala europea.
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