Detto del trionfo di Daniele Meucci, protagonista assoluto
nella lunga mattinata della maratona, non va tralasciato il solido settimo
posto del sempre affidabile Ruggero Pertile, che inizialmente aveva fatto
pensare al podio a squadre anche in campo maschile. Purtroppo però alle sue
spalle sono mancati i piazzamenti degli altri, con il solo Michele Palamini a
difendere la posizione con un 32° posto conclusivo. Gli altri tutti ritirati, a
cominciare da Andrea Lalli, il grande deluso del gruppo azzurro, per proseguire
con Domenico Ricatti e Liberato Pellecchia. Troppo poco per ambire al podio, in
verità sfumato per una decina di secondi a vantaggio della Svizzera, terza
dietro Russia e Francia.
Il pomeriggio si era aperto con un bel lancio di Chiara
Rosa, un 18.10 che la faceva balzare per un momento terza nel peso. Certo le
gittate della ragazzona di Camposampiero non saranno quelle dei tempi migliori,
ma anche stavolta il cuore e la determinazione l’hanno portata al massimo, per
un quinto posto finale, nonostante i dolori per un recente infortunio al dito
anulare. Peccato che i buoni riscontri della Rosa non abbiano avuto seguito
nella gara di alto femminile, dove ci si aspettava qualche sussulto importante
da Alessia Trost. In realtà, dopo l’infortunio che l’aveva tenuta ferma in
primavera, in questa stagione all’aperto la pordenonese è parsa la brutta copia
di se stessa. Anche sulla pedana di Zurigo, dopo un paio di buoni salti, di cui
uno al limite a 1.90, per Alessia sono arrivati tre errori a 1.94 che l’hanno
messa fuori dai giochi, per una nona posizione che stride con il secondo posto
della sua rivale storica, la russa Mariya Kuchina. Titolo europeo difeso alla
grande da un’inossidabile Ruth Beitia, prima con il mondiale stagionale
eguagliato a 2.01.
Bravissime e pure con qualche rammarico, le staffettiste
della 4x100 azzurra: Marzia Caravelli, Irene Siragusa, Martina Amidei ed Audrey
Alloh, danno una vita ad una piccola impresa, cogliendo un insperato quarto
posto, a quattro soli centesimi dal
bronzo della Russia, con un crono di 43.26 che migliora di tre centesimi quanto
di buono fatto nelle batterie. Non riescono a migliorarsi invece le ragazze
della 4x400: Chiara Bazzoni, Maria Enrica Spacca, Elena Bonfanti e Libania
Grenot finiscono nelle retrovie sin dall’inizio, per un ottavo posto finale in
un non irresistibile 3:28.30. Va ancor peggio agli azzurri della 4x100, che
pagano un cambio troppo lungo fra Diego Marani e Delmas Obou con testimone che
rimane nelle mani del primo. Fino a quel momento si duellava per la quarta
posizione, sospinti dalle buone frazioni di Fabio Cerutti e Eseosa Desalu, poi
gli altri sono andati via, con la Gran Bretagna a ruggire con Adam Gemili in un
buon 37.93.
Nei 5000 non può far molto Marouan Razine, nel gruppo fino a
quando si andava al trotto, poi quando Farah e compagnia hanno deciso di
partire, il giovane mezzofondista del Cus Torino è stato risucchiato nelle
retrovie, chiudendo 14° in 14:16.95. Vittoria per il solito Mo Farah, al
termine di un formidabile ultimo giro in 52 e poco, per avere la meglio sull’azero
di origine africana Ibrahimov e sull’altro britannico Vernon. 52 secondi sugli
ultimi 400 metri sono serviti anche al
francese Mekhissi-Benabbad per imporsi sui 1500 e portare a casa quell’oro
negato a causa della sua stupidità nei 3000 siepi. Il francese stavolta non si
è denudato, lasciandosi andare solo a sobri festeggiamenti nel rettilineo di
arrivo, seguito a distanza dal norvegese Ingerbritsen, piuttosto deluso, e dal
bravo britannico O’hare. In tema di 3000 siepi un oro insperato lo acciuffa la
tedesca Antje Moldner-Schmidt, seconda medaglia teutonica dopo l’oro della
Schwanitz nel peso.
Nel salto in lungo uomini si fa rispettare il campione
olimpico Greg Rutherford, vittorioso con un balzo da 8.29, distante dal greco
Tsatoumas, finalmente da podio, e dal francese Kafetien Gamis. Il giavellotto
infine premia ancora una volta la tradizione scandinava, grazie agli 88.01 metri
del finnico Antti Ruuskanen che mette dietro il favorito Viteszlav Vesely ed il
connazionale Tero Pitkamaki.
Foto FIDAL Colombo/Fidal
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