Giornata graffiata dagli atleti africani, che entrano di
forza e con straordinarie prestazioni nella storia di discipline
tradizionalmente non loro. Yego fa volare il giavellotto ancora oltre i 90
metri, il sudafricano Van Niekerk stupisce il mondo sul giro di pista!
YEGO IL GRANDE: Chissà quanto sarà stata dura agli inizi la
carriera atletica di Yulius Yego, keniano paffutello, ben diverso fisicamente
da quei purosangue con i muscoli di seta che galoppano per chilometri. Anche la
sua federazione tendeva ad ignorarlo all’inizio: “un lanciatore keniano? Ma non
scherziamo!”. E invece lui ci credeva davvero in quel giavellotto, attrezzo di
una specialità sacra nelle latitudini nordiche della Scandinavia e praticamente
sconosciuta nella Rift Valley. Certo, in Kenya nelle sempre meno numerose tribù
indigene si tira la lancia per cacciare o difendersi da qualche belva feroce,
ma preparare un atleta nel giavellotto sembrava proprio roba da matti. Così Yego
per coltivare il suo sogno ha dovuto documentarsi su internet, costruirsi da sé.
Guardando video su Youtube e riprendendo gestualità e tecniche di allenamento, ha
compensato con assiduo studio ed esercizio l’assenza di tecnici specialisti
nella sua nazione. Un esempio di determinazione, che attraverso tanti sacrifici
ed ore di allenamento, ha trovato la strada giusta per emergere a livello
internazionale. Un meeting dopo l’altro il ragazzo ha preso confidenza con quei
palcoscenici, con il rumoreggiare del pubblico, con l’agonismo di una gara tra
i migliori atleti al mondo. Così adesso quando cammina nelle strade del suo
paese tutti lo salutano, la gente lo riconosce. Questa estate era riuscito a
lanciare oltre la barriera dei 90 metri, limite dell’eccellenza nella
specialità, rimasto inviolato negli ultimi 8 anni. Poi stasera il sogno per lui
è diventato realtà: una spallata da 92.72 al terzo lancio è quella che lo spedisce
al terzo posto nella graduatoria di sempre nella specialità, dietro solo a sua
maestà Zelezny ed al finnico Aki Parviainen. Un lancio accompagnato da un lungo
boato del pubblico, dagli occhi sbalorditi dei suoi stessi avversari: fino a
quel momento teneva banco un altro africano, l’egiziano El Sayed, al primo
posto con 88.99, anche lui al limite del blasfemo per la religione nordica del
giavellotto, a precedere teutonici e scandinavi. Poi Julius Yego ha ucciso la
gara, conquistando quella medaglia d’oro sognata per anni. L’argento va a El
Sayed, il bronzo al veterano Pitkamaki, in mezzo a loro quel keniano un po’ in
carne: Julius Yego è campione del mondo!
400 NELLA STORIA: le qualificazioni i loro indizi li avevano
dati, era solo questione di saperli capire, interpretare, calarli sui
protagonisti di una finale tra le più qualificate di sempre. Erano addirittura
in 5 con un personale sotto i 44 secondi, uno di questi, il saudita Masrahi, entrato nel prestigioso club appena qualche
giorno fa. Premesse importanti, che lasciavano intendere una sola cosa: sarebbe
stata battaglia ad alta velocità. Favorito d’obbligo era Kirani James, campione
olimpico ormai a maturazione, poi il suo gran rivale Merritt, autore tuttavia
di una stagione senza acuti, quindi i fenomeni africani Van Niekerk e Makwala,
uomini da record questa estate per il Continente Nero. Lo sparo della pistola
dà il via ad una gara sensazionale, sparata dall’inizio alla fine, vissuta
sulle emozioni di un equilibrio ad andatura impazzita. Già, perché quando Van
Niekerk si presenta per primo sulla linea di arrivo a precedere Merritt e James
in rimonta e piuttosto vicini, il display mostra un incredibile 43.48, crono
stupefacente, quarto al mondo nella storia della specialità, alle spalle del
solo trio statunitense Michael Johnson-Butch Reynolds–Jeremy Wariner. Il
sudafricano non ha neanche la forza di festeggiare, ha tirato giù quasi mezzo
secondo dal proprio personale, un secondo rispetto al PB della scorsa stagione,
per un record continentale che porta l’Africa al vertice mondiale in una
specialità di dominio marcatamente americano. Dopo il traguardo Van Niekerk
paga lo sforzo, si accascia e viene portato via in barella, anche per questo
viene chiamato giro della morte. Intanto i due sconfitti si fanno fotografare
con le rispettive bandiere: Merritt può essere soddisfatto del suo nuovo
primato personale, limato a 43.65, Kirani James non può che prendere atto che
con 43.78, ad appena tre centesimi dal proprio PB, si può essere solo da
medaglia di bronzo. Di ottima fattura anche il quarto posto del piccolo dominicano
Luguelin Santos, con un 44.11 che vale il nuovo record nazionale.
SILVA, E CUBA RADDOPPIA: la seconda medaglia d’oro di fila
per Cuba arriva dal salto con l’asta, grazie a Yarisley Silva, protagonista in una
gara ad alta quota. Non ci sarà più la zarina Isinbaeva, ma stasera sulla
pedana dell’asta la sua mancanza non si è sentita più di tanto, tutto merito delle
atlete in gara, a cominciare da un’ispirata Silva, capace di un salto vincente
da 4.90, al terzo tentativo, ad un solo centimetro dal personale conseguito lo
scorso giugno. La cubana ha vinto in extremis il duello con la brasiliana Fabiana
Murer, come lei oltre i 4.85 al primo tentativo, nuovo record sudamericano, ma
poi incappata in tre errori a 4,90. In precedenza si era messa in mostra anche
la muscolata greca Kyriakopoulou, terza con un salto valido oltre 4,80, a
precedere la forte svedesina Angelica Bengtsson, campionessa mondiale junior a
Barcellona nel 2012 ed oggi autrice del record nazionale con 4.70, in
coabitazione con le statunitensi Sandi Morris e Jenn Suhr.
HEJNOVA CASTIGA SPENCER: Zuzana Hejnova si conferma sul
tetto del mondo nei 400 ostacoli, brava a sfruttare l’errore sulla seconda
barriera della sua diretta rivale, la giamaicana Kaliese Spencer. Un ostacolo
attaccato male e le altre che se ne vanno, per la Spencer resta solo che
inseguire le avversarie ed un titolo che ancora una volta le sfugge di mano,
dopo la squalifica in batteria nel 2013 a Mosca. Chi invece esulta è la
campionessa della Repubblica Ceca, al secondo oro mondiale consecutivo, stavolta
in 53.50, dopo i tanti problemi tendinei nella scorsa stagione. Salgono sul
podio anche le due americane, Cassandra Tate, terza in 54.02, e soprattutto la
giovane Shamier Little, atleta ancora da costruire ma brava a domare una non
facile prima corsia e ad aggiungere un importante argento al titolo mondiale
junior del 2014.
BOLT OK, CAMBELL-BROWN PASTICCIA: i 200 metri riservano
emozioni alterne per i colori giamaicani. Nelle semifinali maschili la buona
notizia arriva da Usain Bolt, in controllo sugli avversari per chiudere in un
ottimo 19.95. Il giamaicano mostra scampoli di quel suo lanciato che l’ha reso
famoso, quindi è un piacere vederlo concludere in totale decontrazione sul
finale di gara. Si fa applaudire anche l’americano Justin Gatlin, altrettanto
efficace e facile, solo un po’ più veloce in termini di prestazione, con un
19.87 che in finale potrebbe trasformarsi in un tempo assai vicino (se non
migliore) a quello che fece a Eugene un paio di mesi fa. Si riscatta il
sudafricano Jobodwana dopo la falsa partenza sui 100 metri, centrando il
personale con 20.01, si fanno apprezzare anche i vari Edward, Ogunode e ancora
Guliyev. L’Europa ci sarà con quest’ultimo,
turco, e con il gioiellino Zharnel Hughes, britannico da poche settimane, ma
caraibico (isola di Anguilla) e compagno di allenamenti di Usain Bolt.
Tra le donne la copertina delle batterie di 200 metri se la
guadagna Veronica Campbell-Brown, autrice di un salto di corsia a metà gara, a
seguito di una traiettoria errata in uscita di curva. La giamaicana chiude così
davanti alla britannica Williams, incredula nel vedersi l’avversaria pochi
metri avanti a sé. Probabile la squalifica postuma, per ora la Campbell-Brown,
che ricordiamo protagonista di clamorose sbandate in uscita dalla curva anche
in altre occasioni, è qualificata. L’assenza di Blessing Okagbare alla
partenza, in aggiunta a quelle di Felix e Fraser-Pryce, fa crescere ancora di
più le quotazioni di Dafne Schippers, magistrale oggi per facilità di corsa,
così come l’altra europea Dina Asher-Smith, britannica giovane ma in grado di
calare un 22.22 di gran valore. Da rivedere invece l’americana Jenna Prandini,
campionessa nazionale con origini italiane, seconda e poco reattiva. Va bene
invece un’azzurra a tutto tondo come Gloria Hooper, brava a centrare
qualificazione e primato stagionale, con 22.99.
KENYA, E SONO 6: comincia a prendere il largo la squadra
keniana nel medagliere. Dai 3000 siepi femminili è infatti arrivato il quarto
oro, conquistato con le unghie dalla grintosa Jepkemoi, vincitrice in volata
sulla tunisina Ghribi. Assolutamente difficile da pronosticare il terzo posto
della tedesca Krause che, oltre a stabilire il personale con 9:19.25, a poco
più di un decimo dall’oro, si toglie lo sfizio di mettersi dietro campionesse
del calibro di Sofia Assefa, Emma Coburn e Hiwot Ayalew. Se il Kenya è
raggiante in termini di medaglie, 11 conquistate finora, la preoccupazione
aumenta per l’armata statunitense. L’obiettivo della vigilia era infatti di
portare a casa 30 medaglie, finora siamo a 9, con un solo oro conquistato. Se a
questo si aggiungono le eliminazioni mattutine nel triplo maschile di Will
Claye e ancora Marquis Dendy, da dimenticare il suo Mondiale, la situazione non
è per niente delle migliori. In tema di eliminazioni, si segnala anche l’uscita
di Silvia Salis nel martello, 66.80 sono troppo pochi purtroppo per aspirare ad
un passaggio in finale
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