domenica 23 agosto 2015

USAIN, HA VINTO L’ATLETICA!

Niente paura, primo al mondo, ancora una volta al Bird’s Nest, come nel 2008. Usain Bolt ha vinto la sua sfida, probabilmente la più dura in carriera, sulla pista che 7 anni fa lo consacrò sovrano dell’atletica mondiale. Un sospiro di sollievo per molti, a cominciare dal nuovo Presidente, Sebastian Coe, che per sua fortuna scaccia gli imbarazzi di veder salire sul trono dello sprint un atleta macchiato da una lunga squalifica per doping. Gatlin-Bolt sui 100 metri era la sfida per eccellenza, il “cattivo” che cerca di sottrarre l’oro al campione amato da tutti. Gatlin in forma strepitosa, Bolt in difficoltà, distante da quel picco di carriera che lo faceva decollare ad ogni abbozzo di progressione. 
  
Le brucianti volate di Justin Gatlin nei turni eliminatori cercavano di intimorirlo, così mentre l’americano piazzava il più veloce crono di sempre in una semifinale mondiale, il giamaicano era alle prese con le incertezze dettate dalle poche competizioni alle spalle in questa stagione. Capita così che anche un “drive” provato e riprovato chissà quante volte, rischi di estrometterlo dalla finale, come quell’appoggio mancato da Bolt nei primi metri della semifinale, che quasi lo manda a tappeto anzitempo. Il giamaicano invece ritrova le spinte per riacciuffare in testa alla gara il pupillo del Canada, Andre De Grasse, primi appaiati in 9.96. Stesso tempo lo fa segnare anche Tyson Gay nella terza semifinale, un centesimo meglio di Asafa Powell, poi come detto Gatlin. L’americano fa tutto bene, esce dai blocchi come una palla di cannone, divora il rettilineo in 9.77, mai nessuno meglio di lui in una semifinale mondiale, il record era proprio di Bolt con il 9.89 di Berlino. Messaggi in codice, frecciatine tra sprinter, quelle che ti travolgono se non sei forte nella testa, oltre che nei muscoli.

La finale regala anche l’ingresso in finale ad un cinese, Bingtian Su, il suo 9.99 è record nazionale, ultimo biglietto utile per poter partecipare ad una finale mondiale. Un inutile quanto bizzarro intervallo di pianoforte riempie gli istanti precedenti alla partenza della finale. Bolt è in quinta corsia, attorniato dalle divise rosse di quattro americani: l’ottimo Treyvon Bromell e Michael Rodgers sulla sinistra, Tyson Gay e il grande rivale Justin Gatlin sulla destra. La partenza è buona per il giamaicano, ma Gatlin è leggermente avanti, poi a metà gara qualcosa cambia. Bolt ritorna sotto, Gatlin lo sente avvicinarsi, il giamaicano ormai è quasi appaiato. Lo statunitense si sbilancia, anticipa il tuffo sul traguardo, Bolt al contrario mantiene la sua azione, pulita, efficace, vincente. Bolt conquista così il suo terzo oro mondiale, 9.79 per aver ragione dell’avversario, un centesimo meglio di colui che già annusava il ritorno al vertice della velocità da quel lontano primo posto mondiale ad Helsinki nel 2005. 

Altri tempi, altre situazioni, lì Bolt fece poco più che una comparsa, neanche 20 anni e frenato da infortuni. Dieci anni dopo Bolt ha vinto la sua gara più difficile, poco dopo il suo 29° compleanno, segno che anche il tempo stavolta deve arrendersi alle magie di una leggenda.

A proposito di anni che passano, la finale di Pechino lancia un paio di bei prospetti di livello mondiale: Andre De Grasse e Treyvon Bromell, ventenni o quasi, finiscono a pari merito sul terzo gradino del podio con 9.92. Avversari già diverse volte nel corso dei campionati universitari americani, i due hanno dimostrato di avere la stoffa per ereditare lo scettro dello sprint mondiale. Una nota infine in tema di promozione della regina degli sport: i Mondiali hanno ancora una volta detto che l’atletica è costruita soprattutto sui confronti diretti, quelli che fanno spettacolo e regalano emozioni. Nello sprint maschile spesso, anzi quasi sempre, questi mancano nel corso della stagione dei meeting, questioni da mettere in lista per il nuovo corso della IAAF.      









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