domenica 30 agosto 2015

ITALIA, PEGGIO CHE MAI

Il peggior Mondiale della storia per la squadra azzurra, peggio di Berlino 2009 quando anche lì si toccò l’onta delle zero medaglie, peggio di Helsinki dieci anni fa, quando il solo bronzo di Alex Schwazer nella marcia fece piovere critiche più dell’acqua che in quella settimana cadde a secchiate sulla città finlandese. A quell’epoca eravamo abituati a portare a casa qualche medaglia, a godere ancora dell’onda lunga della gestione Nebiolo che, nel bene o nel male, difese e portò in alto il movimento dell’atletica italiana.


Le fredde ma significative cifre di Pechino dicono che in questi Campionati del mondo abbiamo raccolto un totale di 11 punti totali dagli atleti piazzati tra i finalisti, appena 4 su oltre 30 convocati. Si tratta del minimo punteggio mai realizzato nella storia dei Mondiali, iniziata nel 1983, ritoccando al ribasso il record conseguito a Mosca 2013, dove però arrivò una medaglia d’argento (Valeria Straneo in maratona). 

A Berlino 2009 la squadra azzurra  come detto rimase a secco di medaglie, ma almeno i punti dei finalisti furono 22. Tanto per dare un riferimento, il massimo punteggio finalisti raccolto dall’Italia ai Mondiali è di 65 punti, toccato a Goteborg nel 1995, quando arrivarono 6 medaglie, il bottino più pingue mai realizzato in una rassegna iridata. Al di là delle oscillazioni più o meno accentuate da un’edizione all’altra, ciò che preoccupa è un trend costantemente negativo nelle ultime edizioni. Di seguito un estratto dagli ultimi 4 Mondiali:

EDIZIONE
CONVOCATI
PUNTEGGIO
MEDAGLIE
Berlino 2009
37
22
0
Daegu 2011
32
17
1
Mosca 2013
53
16
1
Pechino 2015
33
11
0

Se poi si analizza il comportamento degli atleti in gara a Pechino, si nota come solo 1 atleta abbia ottenuto il primato personale, Gloria Hooper sui 200 metri, mentre solo in 4 casi si sia centrata la migliore prestazione stagionale, tra questi anche le buone due staffette femminili, con ragazze determinate e capaci di giocarsi il passaggio del turno. Peccato a tal proposito per l’assenza in batteria di Libania Grenot, indisponibile a poche ore dalla gara, perché una sua frazione al limite di 51.0 sarebbe probabilmente stata sufficiente per ritoccare il primato italiano. La cubana dal canto suo non ha brillato in gara individuale, confermandosi ai livelli di quel titolo europeo acciuffato con un crono di 51.10 a Zurigo, che purtroppo nel mondo non consente neanche un ingresso in finale.

La strada ha regalato le cose migliori, in apertura con Pertile e Meucci, poi con la marcia della Palmisano. Il maratoneta veneto era il più vecchio del gruppo, dall’alto dei suoi 41 anni, eppure ha ottenuto il miglior risultato di carriera, premiato per la sua abnegazione totale, alla ricerca del risultato e preparandosi con minuzioso criterio. Un punto di riferimento importante anche per il collega più giovane, Daniele Meucci, positivo nel complesso per un ottavo posto che senza incidenti di percorso sarebbe potuto essere anche qualcosa di meglio.  La marciatrice pugliese ha invece dato fondo a tutte le sue energie per vendicare la doppia squalifica delle colleghe Rigaudo e Giorgi in zona podio fino al 17° km, dimostrandosi un’atleta combattiva e ben preparata, una risorsa importante per il futuro, anche in chiave Rio. Peccato poi per Gianmarco Tamberi, solo ottavo nell’alto in una finale conquistata con 2.29 e che avrebbe potuto vederlo protagonista a quote superiori al 2,25 conclusivo. Certo, con quei mostri lì davanti sarebbe stata tutt’altro che semplice, ma il marchigiano ci aveva abituato in questa stagione a grandi imprese.

Il resto è una lunga sfilza di prestazioni sotto tono, brutte figure, eliminazioni, infortuni, tanti infortuni, alcuni addirittura in corso di Mondiale. E’ il caso di Marco Fassinotti costretto a rinunciare nel riscaldamento della qualificazione nell’alto, o della stessa Grenot appunto, messasi da parte per la 4x400. Prima c’erano stati quelli di Alessia Trost, di Fabrizio Donato, Fabrizio Schembri, Federica Del Buono, Andrew Howe, Daniele Greco, tanto per citare i più eclatanti. Storie diverse, cause diverse, eppure troppe coincidenze da non far pensare a problemi di carattere tecnico ed organizzativo all’interno di una gestione federale incapace finora di invertire la rotta di una nave che, nonostante il cambio di equipaggio, procede verso gli scogli, almeno per quanto concerne i risultati della prima squadra nazionale. 

Già, perché tutto sommato le cose quest’anno sono andate bene a livello giovanile, dove Stefano Baldini sta proseguendo con accortezza e capacità la sua missione con le squadre giovanili, con i progetti finalizzati alla ricerca e crescita di nuovi talenti. Le difficoltà per tanti giovani si incontrano con il passaggio nella categoria assoluta, che spesso diventa un salto nel buio, con nomi che si disperdono, che per un verso o per l’altro spariscono. 

Oggi il Presidente Alfio Giomi e il c.t. Magnani in diretta Rai hanno toccato diversi punti, più o meno condivisibili, esponendo molti dei problemi della nostra atletica, alcuni di carattere culturale, altri di tipo organizzativo e strutturale. Tra i vari concetti esposti, spicca da una parte l’aspetto volontaristico di molti tecnici anche di alto profilo, perché con l’atletica non si vive, dall’altra la necessità di maggiore professionalità da parte di tutti i soggetti coinvolti nella costruzione della grande prestazione, ed in questo si va dagli stessi atleti, troppo isolati, ai club militari, troppo indulgenti. Maggiore interazione con le strutture centrali, con il contesto internazionale, per migliorare il proprio bagaglio, per accrescere le proprie qualità, il tutto continuando a rapportarsi con il solo C.t., coordinatore e catalizzatore con il territorio, aiutato da uno staff di tecnici di fiducia, italiani e stranieri, che pare sarà potenziato a breve. I problemi sono tanti, soluzioni certe non se ne vedono, la speranza è che si lavori tutti e seriamente per un cambiamento di rotta, e che per Rio non ci si concentri solo per acciuffare una medaglia, magari con quel marciatore altoatesino che salvi la faccia.

Di seguito il comportamento ed i voti degli italiani a Pechino:


(Foto Giancarlo Colombo/FIDAL)






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