Il peggior Mondiale della storia per la
squadra azzurra, peggio di Berlino 2009 quando anche lì si toccò l’onta delle
zero medaglie, peggio di Helsinki dieci anni fa, quando il solo bronzo di Alex
Schwazer nella marcia fece piovere critiche più dell’acqua che in quella
settimana cadde a secchiate sulla città finlandese. A quell’epoca eravamo
abituati a portare a casa qualche medaglia, a godere ancora dell’onda lunga
della gestione Nebiolo che, nel bene o nel male, difese e portò in alto il
movimento dell’atletica italiana.
Le fredde ma significative cifre di Pechino dicono
che in questi Campionati del mondo abbiamo raccolto un totale di 11 punti
totali dagli atleti piazzati tra i finalisti,
appena 4 su oltre 30 convocati. Si
tratta del minimo punteggio mai realizzato nella storia dei Mondiali, iniziata
nel 1983, ritoccando al ribasso il record conseguito a Mosca 2013, dove però arrivò una medaglia d’argento (Valeria
Straneo in maratona).
A Berlino 2009
la squadra azzurra come detto rimase a
secco di medaglie, ma almeno i punti dei finalisti furono 22. Tanto per dare un
riferimento, il massimo punteggio finalisti raccolto dall’Italia ai Mondiali è
di 65 punti, toccato a Goteborg nel 1995, quando arrivarono 6 medaglie, il bottino
più pingue mai realizzato in una rassegna iridata. Al di là delle oscillazioni
più o meno accentuate da un’edizione all’altra, ciò che preoccupa è un trend
costantemente negativo nelle ultime edizioni. Di seguito un estratto dagli
ultimi 4 Mondiali:
EDIZIONE
|
CONVOCATI
|
PUNTEGGIO
|
MEDAGLIE
|
Berlino 2009
|
37
|
22
|
0
|
Daegu 2011
|
32
|
17
|
1
|
Mosca 2013
|
53
|
16
|
1
|
Pechino 2015
|
33
|
11
|
0
|
Se poi si analizza il comportamento degli
atleti in gara a Pechino, si nota come solo 1 atleta abbia ottenuto il primato
personale, Gloria Hooper sui 200 metri, mentre solo in 4 casi si sia centrata
la migliore prestazione stagionale, tra questi anche le buone due staffette
femminili, con ragazze determinate e capaci di giocarsi il passaggio del turno.
Peccato a tal proposito per l’assenza in batteria di Libania Grenot,
indisponibile a poche ore dalla gara, perché una sua frazione al limite di 51.0
sarebbe probabilmente stata sufficiente per ritoccare il primato italiano. La
cubana dal canto suo non ha brillato in gara individuale, confermandosi ai
livelli di quel titolo europeo acciuffato con un crono di 51.10 a Zurigo, che
purtroppo nel mondo non consente neanche un ingresso in finale.
La strada ha regalato le cose migliori, in
apertura con Pertile e Meucci, poi con la marcia della Palmisano. Il maratoneta
veneto era il più vecchio del gruppo, dall’alto dei suoi 41 anni, eppure ha
ottenuto il miglior risultato di carriera, premiato per la sua abnegazione
totale, alla ricerca del risultato e preparandosi con minuzioso criterio. Un
punto di riferimento importante anche per il collega più giovane, Daniele
Meucci, positivo nel complesso per un ottavo posto che senza incidenti di percorso
sarebbe potuto essere anche qualcosa di meglio. La marciatrice pugliese ha invece dato fondo a
tutte le sue energie per vendicare la doppia squalifica delle colleghe Rigaudo
e Giorgi in zona podio fino al 17° km, dimostrandosi un’atleta combattiva e ben
preparata, una risorsa importante per il futuro, anche in chiave Rio. Peccato poi
per Gianmarco Tamberi, solo ottavo nell’alto in una finale conquistata con 2.29
e che avrebbe potuto vederlo protagonista a quote superiori al 2,25 conclusivo.
Certo, con quei mostri lì davanti sarebbe stata tutt’altro che semplice, ma il
marchigiano ci aveva abituato in questa stagione a grandi imprese.
Il resto è una lunga sfilza di prestazioni
sotto tono, brutte figure, eliminazioni, infortuni, tanti infortuni, alcuni addirittura
in corso di Mondiale. E’ il caso di Marco Fassinotti costretto a rinunciare nel
riscaldamento della qualificazione nell’alto, o della stessa Grenot appunto,
messasi da parte per la 4x400. Prima c’erano stati quelli di Alessia Trost, di
Fabrizio Donato, Fabrizio Schembri, Federica Del Buono, Andrew Howe, Daniele
Greco, tanto per citare i più eclatanti. Storie diverse, cause diverse, eppure
troppe coincidenze da non far pensare a problemi di carattere tecnico ed organizzativo
all’interno di una gestione federale incapace finora di invertire la rotta di
una nave che, nonostante il cambio di equipaggio, procede verso gli scogli,
almeno per quanto concerne i risultati della prima squadra nazionale.
Già,
perché tutto sommato le cose quest’anno sono andate bene a livello giovanile,
dove Stefano Baldini sta proseguendo con accortezza e capacità la sua missione
con le squadre giovanili, con i progetti finalizzati alla ricerca e crescita di
nuovi talenti. Le difficoltà per tanti giovani si incontrano con il passaggio
nella categoria assoluta, che spesso diventa un salto nel buio, con nomi che si
disperdono, che per un verso o per l’altro spariscono.
Oggi il Presidente Alfio
Giomi e il c.t. Magnani in diretta Rai hanno toccato diversi punti, più o meno
condivisibili, esponendo molti dei problemi della nostra atletica, alcuni di
carattere culturale, altri di tipo organizzativo e strutturale. Tra i vari
concetti esposti, spicca da una parte l’aspetto volontaristico di molti tecnici
anche di alto profilo, perché con l’atletica non si vive, dall’altra la
necessità di maggiore professionalità da parte di tutti i soggetti coinvolti
nella costruzione della grande prestazione, ed in questo si va dagli stessi
atleti, troppo isolati, ai club militari, troppo indulgenti. Maggiore
interazione con le strutture centrali, con il contesto internazionale, per
migliorare il proprio bagaglio, per accrescere le proprie qualità, il tutto
continuando a rapportarsi con il solo C.t., coordinatore e catalizzatore con il
territorio, aiutato da uno staff di tecnici di fiducia, italiani e stranieri, che
pare sarà potenziato a breve. I problemi sono tanti, soluzioni certe non se ne
vedono, la speranza è che si lavori tutti e seriamente per un cambiamento di
rotta, e che per Rio non ci si concentri solo per acciuffare una medaglia,
magari con quel marciatore altoatesino che salvi la faccia.
Di seguito il comportamento ed i voti degli
italiani a Pechino:
(Foto Giancarlo Colombo/FIDAL)
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