Altra serata densa di avvenimenti al Bird’s Nest di Pechino.
Fraser-Pryce si conferma regina, Lavillenie manca l’appuntamento con l’oro, poi
c’è il ritorno del Kenya, con una pioggia di medaglie. L’Italia? Maledizione
spezzata, la Grenot passa il primo turno sui 400 metri.
SHELLY SUPREMA, SCHIPPERS CAPOLAVORO: i 100 metri parlano
giamaicano anche al femminile, grazie a quella pallottola umana rispondente al
nome di Shelly Ann Fraser-Pryce. La caraibica sorride e si diverte, prima e
dopo la gara, ma quando è chiamata ad esprimere forza e frequenze in pista tira
fuori le unghie. Partenza perfetta, lanciato spettacolare, poi il dito in alto
sul traguardo mette la firma sul terzo titolo mondiale, affiancato da due
titoli olimpici, proprio come re Usain. E’ lei la regina dello sprint, anche se
alle sue spalle ha viaggiato veloce pure Dafne Schippers, già autrice del
record nazionale in semifinale con 10.83. In finale la ragazzona olandese fa
ancora meglio, reazione eccellente sui blocchi, 0.129, poi una progressione
spettacolare per chiudere seconda in 10.81, crono a cui non arriva neppure l’americana
Tori Bowie, tra le favorite della vigilia, alla fine terza in 10.86. La
Schippers si lascia andare a lacrime di gioia, la scelta di dedicarsi allo
sprint rispetto all’eptathlon alla fine si è rivelata azzeccata, merito anche
del suo tecnico, Bart Bennema, uno che era stato a Roma per un interessante
incontro nel corso dell’IFAC (International Festival of Athletics Coaching),
evento a cui presenziarono pochissimi tecnici di rilievo della nostra atletica,
ma ci sarà modo di tornare sul discorso.
LAVILLENIE NON C’E’ VERSO: Ancora un boccone amaro per Renaud
Lavillenie, gran favorito per la conquista del titolo nell’asta. Il transalpino
entra sicuro a 5,80, impressionando per un valicamento ben al di sopra dell’asticella,
roba da 6 metri e passa, poi però qualcosa cambia. Il primo tentativo a 5.90
non va, al contrario del giovane canadese Shawn Barber, autentico outsider, che
supera la misura. Da quel momento Lavillenie deve fare i conti con i fantasmi
di un titolo iridato che già altre volte si era dissolto nelle sue mani. Cattivi
presagi che divengono realtà quando al terzo tentativo a 5.90 il francese ricade
sul materasso seguito dall’asticella, afferrata con le mani, stretta, quasi a
volerla strozzare. L’ennesima beffa, la quarta ad un Mondiale, gli consegna non
meglio che una medaglia di bronzo, peraltro in coabitazione con i polacchi
Lisek e Woiciechowski, capaci di ottimizzare a loro favore un’assurda
progressione delle misure. Chi festeggia alla grande è invece il pel di carota
canadese Barber, oro mondiale davanti al tedesco Rafael Holdzeppe, funambolo esperto
e bravo ad acciuffare all’ultimo salto un argento che sembrava buttato alle
ortiche. Tornando a Barber, il ragazzo non è uno sprovveduto, avendo vinto il bronzo
ai Mondiali juniores di Barcelona, nel 2012, segno che la classe non è acqua.
FINALMENTE IL KENYA: la terza serata di Pechino è anche
quella che riporta in alto la bandiera keniana dopo il totale fallimento in
maratona. E’ toccato a Vivian Cheruiyot aprire le danze sui 10.000 metri,
ritrovando, dopo la gravidanza, un titolo iridato non semplice, con
connazionali ed etiopi pronte a castigarla. Ma in volata è stata lei a
schiantare tutte, con Gelete Burka ultima a resistere sul rettilineo
conclusivo. Il terzo posto è affare tutto statunitense, con Molly Huddle
bruciata sul filo di lana da Emily Infeld, carneade premiata con il bronzo per
averci creduto fino all’ultimo centimetro. Il Kenya brilla ancor di più sulle
siepi, con tre atleti degli altipiani a riempire il podio. Ad imporsi è stato
ancora una volta Ezekiel Kemboi, irresistibile nella progressione conclusiva
che lascia sul posto i connazionali Conseslus Kipruto e Brimin Kiprop Kipruto.
Il keniano di Siena centra così il quarto titolo mondiale consecutivo da
Berlino 2009, in pratica meglio dello stesso Usain Bolt.
IBARGUEN, QUASI 15: Caterine Ibarguen, colombiana, conferma
il titolo nel salto triplo, atterrando assai vicina ai 15 metri, in una gara
piuttosto equilibrata nelle posizioni di testa, e che ha visto le prime quattro
sopra i 14,50. Per la Ibarguen, saltatrice poliedrica e dai notevoli mezzi
fisici, il primo posto è maturato già al secondo salto con 14,80, misura poi
ritoccata a 14,90 nel quarto tentativo, per rafforzare la sua leadership di
giornata. Alle sue spalle si fa apprezzare l’israeliana Hanna
Knyazyeva-Minenko, seconda con 14.78, appena un centimetro più in là della
kazaka Olga Rypakova, medaglia di bronzo. Gara deludente invece per due
protagoniste annunciate Olga Saladukha e Ekaterina Koneva, troppo distanti
dalle misure che contano.
ITALIA, E’ GRENOT: per ora l’Italia in pista si affida alle
progressioni di Libania Grenot, qualificata nelle batterie mattutine dei 400
metri, non senza qualche patema. Poco dopo l’eliminazione della Chigbolu, volenterosa
ma incapace di correre meglio di 52.48, è stata la “panterita” a spezzare la
maledizione sulla squadra azzurra, che finora aveva visto otto atleti eliminati
al primo turno di gare in pista. Grenot qualificata sì , ma per il rotto della
cuffia, quarta ed in sofferenza nel rettilineo conclusivo, chiudendo in 51.64, terzultimo
crono di ripescaggio. In semifinale l’italo-cubana, campionessa europea in
carica, dovrà cambiare parecchio se vorrà centrare un accesso in finale. Nelle
altre batterie tutto facile per Allyson Felix, così come per la connazionale Phillys
Francis, mentre ha impressionato la romena Bianca Razor, al personale con
50.37, secondo crono di qualificazione dietro al solo 50.34 di Stephanie
McPherson.
ANCORA AFRICA: serata di sapore africano, anche per il buono
spunto nelle semifinali dei 400 metri da parte di Isaac Makwala, primatista
stagionale con quel fantasmagorico 43.72 di qualche mese fa in Svizzera, oggi
miglior tempo di giornata con 44.11, seguito da Kirani James, parso in totale
controllo, e l’esplosivo Luguelin Santos, dominicano autore del primato
nazionale con 44.26. Sempre in chiave africana si qualifica senza problemi nel
giavellotto il keniano Julius Yego, mentre esce malamente il campione olimpico
Keshorn Walcott. Altro nome eccellente uscito in qualificazione è quello dell’americano
Marquis Dendy nel salto in lungo, papabile per il podio e invece uscito su un
ultimo salto, lungo ma nullo al millimetro, imitando la britannica Johnson-Thompson,
che ieri aveva compromesso la gara di eptathlon.
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